La produzione di radiofarmaci è una componente essenziale della medicina nucleare, in particolare per la diagnostica oncologica. Attualmente, l’Italia dipende in larga misura dall’importazione di questi elementi, ma una nuova ricerca condotta da ENEA e pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature ha individuato un approccio innovativo per ridurre questa dipendenza, arrivando a coprire fino al 50% del fabbisogno nazionale.
Lo studio analizza diverse metodologie per la produzione del molibdeno-99 (^99Mo), un isotopo fondamentale nella medicina nucleare, in quanto precursore del tecnezio-99m (^99mTc), utilizzato in milioni di esami diagnostici ogni anno. Le soluzioni proposte potrebbero garantire una filiera produttiva più resiliente e sostenibile, riducendo il rischio di carenze legate alla chiusura di impianti esteri o a crisi globali inaspettate.
Tre strategie per la produzione di radiofarmaci
L’analisi condotta dai ricercatori di ENEA evidenzia tre metodologie principali per la produzione di ^99Mo, che potrebbero essere integrate in un sistema di produzione diffuso sul territorio:
-
Produzione con ciclotroni
I ciclotroni sono acceleratori di particelle già utilizzati in ambito medico per la produzione di altri radioisotopi. Questi strumenti possono generare direttamente il tecnezio-99m, eliminando la necessità di dipendere dal molibdeno-99. La loro diffusione negli ospedali e nei centri diagnostici consentirebbe di ridurre i tempi di approvvigionamento e di garantire una fornitura locale più affidabile. -
Utilizzo di acceleratori lineari di elettroni (e-linac)
Questa metodologia, ancora in fase di sviluppo, permette di produrre ^99Mo in modo efficiente attraverso l’uso di fasci di elettroni su bersagli specifici. La tecnologia e-linac offre un approccio modulare e scalabile, che potrebbe essere implementato in più strutture sul territorio per garantire una produzione costante e sostenibile. -
Neutroni da fusione per la produzione di molibdeno-99
Un’ulteriore opzione analizzata nello studio prevede l’uso di neutroni generati da reazioni di fusione nucleare deuterio-trizio per ottenere ^99Mo. Questa tecnica, resa possibile da studi e brevetti sviluppati da ENEA, si è rivelata particolarmente promettente, con un’efficienza superiore rispetto alle altre metodologie.
Per mettere in pratica queste strategie, ENEA ha avviato il progetto SORGENTINA, un’iniziativa volta a realizzare un prototipo di sorgente di neutroni da fusione presso il Centro ENEA di Brasimone, in provincia di Bologna. Il sistema si basa su un acceleratore di ioni deuterio/trizio e su un bersaglio rotante, in cui avvengono le reazioni di fusione che portano alla produzione di ^99Mo e di altri radioisotopi utilizzabili sia per la diagnostica che per la terapia.
L’obiettivo di SORGENTINA è duplice: da un lato, contribuire alla produzione di radionuclidi per coprire parte del fabbisogno nazionale, dall’altro, creare un polo di ricerca e innovazione capace di generare posti di lavoro specializzati e di sviluppare nuove soluzioni tecnologiche nel settore della medicina nucleare. Nell’ambito del progetto, ENEA ha anche brevettato un dispositivo innovativo per migliorare la resa produttiva dei radioisotopi.
Un futuro più sicuro per la medicina nucleare italiana
L’approccio integrato proposto da ENEA, che combina ciclotroni, acceleratori lineari di elettroni e sorgenti di neutroni da fusione, è basato su principi di sostenibilità e resilienza. La creazione di una rete diffusa di impianti compatti e modulari, distribuiti sul territorio, potrebbe garantire un approvvigionamento stabile e sicuro di radiofarmaci, riducendo la vulnerabilità del Paese rispetto alle fluttuazioni del mercato internazionale.
Questa strategia non solo permetterebbe di coprire fino al 50% del fabbisogno nazionale di radioisotopi diagnostici, ma aprirebbe anche la strada a ulteriori sviluppi nel settore, promuovendo l’innovazione e l’autonomia produttiva. Grazie alla combinazione di ricerca avanzata e tecnologie all’avanguardia, l’Italia potrebbe rafforzare la propria posizione nel panorama della medicina nucleare, garantendo ai pazienti un accesso più sicuro ed efficiente a strumenti diagnostici fondamentali per la salute.