I Campi Flegrei, una delle aree vulcaniche più pericolose d’Europa, potrebbero disporre presto di un nuovo e prezioso strumento per la prevenzione dei terremoti: il monitoraggio termico satellitare. Un recente studio condotto dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), pubblicato sulla rivista scientifica Remote Sensing Letters, ha infatti dimostrato come l’analisi delle immagini termiche raccolte dalla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) possa offrire un margine di previsione per i terremoti più intensi della zona flegrea.
Il cuore dello studio è rappresentato dall’uso dello strumento ECOSTRESS (ECOsystem Spaceborne Thermal Radiometer Experiment on Space Station), un sofisticato sensore sviluppato dalla NASA-JPL e installato sulla ISS. Questo dispositivo è in grado di rilevare la temperatura superficiale del suolo con un dettaglio spaziale di circa 70 metri, fornendo dati con una frequenza di passaggio sulla stessa area di circa tre giorni.
Attraverso l’analisi di immagini raccolte tra il 2021 e il 2024, i ricercatori hanno costruito due serie storiche di dati termici relative all’area della Solfatara, uno dei punti più caldi – in tutti i sensi – della caldera flegrea. Il confronto tra queste serie ha permesso di identificare variazioni termiche anomale verificatesi pochi giorni o settimane prima di alcuni terremoti di maggiore intensità.
L’anticipo del disastro: i segnali termici prima dei terremoti
Uno dei risultati più rilevanti dello studio riguarda proprio la correlazione tra aumenti improvvisi della temperatura al suolo e i successivi eventi sismici. Ad esempio, il 17 maggio 2024, un innalzamento della temperatura di circa 5°C ha preceduto di tre giorni un sisma di magnitudo 4.4. Analogamente, il 21 settembre 2023, un’anomalia termica superiore a 7°C ha anticipato il terremoto del 27 settembre, di magnitudo 4.2. Tali variazioni sono state confermate anche da un secondo metodo statistico utilizzato nel lavoro.
Secondo Alessandro Piscini, primo autore dello studio e ricercatore INGV, questi segnali rappresentano “una possibile nuova chiave di lettura del comportamento sismico della caldera”, e potrebbero offrire un prezioso strumento di allerta anticipata. Le differenze di temperatura, in crescita negli ultimi anni, sembrano accompagnare altri fenomeni noti dell’area, come il bradisismo (il sollevamento del suolo) e l’aumento dell’emissione di anidride carbonica.
I dati satellitari non sostituiscono i sistemi di rilevamento sismico e vulcanico già attivi nella zona, ma offrono una dimensione complementare e strategica. Il monitoraggio termico dallo spazio consente di osservare con continuità e precisione l’evoluzione termica del suolo, rilevando segnali che altrimenti potrebbero sfuggire agli strumenti di superficie.
Questa integrazione multidisciplinare si inserisce in un contesto sempre più urgente: l’area dei Campi Flegrei, già colpita da centinaia di micro-eventi ogni mese, ha recentemente registrato il terremoto più forte della sua storia recente, il 13 marzo 2025, con magnitudo 4.6. Sebbene l’evento non sia stato incluso nell’analisi, il trend degli ultimi anni evidenzia una crescente attività sismica e vulcanica, rendendo necessarie nuove soluzioni per la tutela della popolazione.
La possibilità di prevedere terremoti con un anticipo anche solo di pochi giorni potrebbe fare la differenza tra prevenzione e disastro, soprattutto in un contesto densamente popolato come quello dell’area flegrea. Il monitoraggio termico rappresenta una frontiera promettente della geofisica applicata, che unisce tecnologia spaziale, statistica avanzata e osservazione geotermica per aumentare il livello di sicurezza e resilienza dei territori a rischio.
Le osservazioni dallo spazio, infatti, permettono di mappare variazioni termiche e deformazioni del suolo su larga scala, offrendo una panoramica d’insieme che rafforza l’efficacia dei sistemi di allerta precoce. In una zona come i Campi Flegrei, dove si intrecciano rischio vulcanico, sismico e urbano, ogni secondo guadagnato nella prevenzione può salvare vite umane.
Campi Flegrei: una sfida scientifica e umana
Lo studio dell’INGV apre dunque la strada a una nuova era di sorveglianza integrata e predittiva, in cui i segnali della Terra vengono letti con occhi celesti. Un’ulteriore conferma del ruolo cruciale che la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica possono avere nella protezione del territorio e nella costruzione di un futuro più sicuro.
Se la caldera dei Campi Flegrei resta uno dei luoghi più affascinanti e instabili del nostro Paese, oggi possiamo osservarla anche dallo spazio, con strumenti in grado di cogliere i sussurri della Terra prima del boato. Un passo avanti nella conoscenza, ma soprattutto nella prevenzione.